Lo si chiama suicidio assistito, una pratica che lascia aperte tante, troppe domande. Difficile ragionare su situazioni tragiche, arduo entrare nella mente e nell’anima di chi soffre e non ce la fa più a sopportare, impossibile capire la sofferenza di un uomo che ha deciso di mettere fine ai suoi giorni. Ci sono interrogativi che al momento non hanno una risposta. Una riflessione dopo un po’ di tempo dalla decisione dell’azienda sanitaria delle Marche che ha riconosciuto a un suo assistito il diritto a togliersi la vita, abbiamo pensato di farla con il prof. Augusto Caraceni, direttore dell’Unità operativa complessa di Cure palliative dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano e docente della neonata cattedra di Cure palliative presso l’Università degli Studi di Milano.